
29 Apr “Prende forma il sogno del vescovo Lagnese”
Intervista a don Antonello Giannotti, presidente dell’Istituto diocesano sostentamento clero
È tempo di nuova Chiesa, è tempo di Chiesa del Vangelo. Si può sintetizzare così quello che accade a Caserta in questi mesi, che vede nel cambio di destinazione d’uso del Macrico il cambio di passo di una comunità. Ne è simbolo e segno il progetto, che non è più solo sogno, del vescovo Pietro Lagnese. Al suo fianco don Antonello Giannotti, presidente dell’Istuto diocesano sostentamento clero. Un binomio fa o di visioni, passioni, capacità. È proprio con don Antonello che raccontiamo cosa, e perché, accade e accadrà nel Macrico e in città.
Don Antonello, cos’è il Macrico?
Macrico è un acronimo. Significa Magazzino centrale ricambimezzi corazzati. È un’area centralissima della città di Caserta, dismessa dal Ministero della Difesa e riconsegnata nel 1984 all’Istituto Diocesano Sostentamento Clero dopo un lungo contenzioso. La sua superficie è di circa 330mila mq ed è in posizione urbanisticamente strategica, in quanto si trova al terminale est dell’asse viario di Corso Trieste, la strada principale della città, che conduce, a ovest, alla Reggia di Caserta. L’area presenta un interesse, oltre che urbanistico e ambientale, anche storico artistico. Già pertinenza dell’antico edificio vescovile, nato nel Seicento su una preesistenza aragonese, l’area ha costituito per decenni il cosiddetto Campo di Marte, zona destinata alle esercitazioni militari dell’esercito borbonico e poi, nel secondo dopoguerra, utilizzato dalle Forze Armate di stanza nella Caserma Sacchi, fino a diventare il Magazzino Centrale Ricambi Corazzati.
L’arrivo del vescovo Pietro Lagnese ha segnato il punto di non ritorno, come egli stesso ha sottolineato, per il futuro di quest’area.
È così. Il vescovo Lagnese, il 19 marzo 2021, giorno di san Giuseppe e del martirio di don Peppe Diana, come suo primo atto pubblico nella diocesi, visitò di buon mattino, da solo, l’area dell’ex Macrico. Iniziò da quel giorno un periodo di grandi riflessioni e analisi che si è poi concretizzato nel Te Deum del 31 dicembre quando annunciò la sua intenzione di mettere a disposizione dei casertani l’area. «Sogno – disse – di poterla mettere a disposizione dei casertani, desidero che non sia più luogo in cui preparare armi di morte, ma campo di pace, di vita, di incontro».
Tre parole chiave: pace, vita, incontro. Iniziamo con la prima, pace. Macrico campo di pace.
La pace non è una tregua, una pausa, uno stare con le mani in mano, ma un evento dinamico che si rinnova continuamente attraverso le nostre azioni e il nostro modo di considerare gli altri e le cose. La pace non è demandata ai ragionamenti tra politici, ma a ciascuno di noi e alla sua capacità di amare gli altri con gesti di solidarietà concreta e non a parole. La pace è azione di prossimità continua e convinta, tesa al bene comune. E, badiamo bene, il bene comune non è una cosa astratta, aleatoria, bensì è cosa concreta che riguarda la vita quotidiana di tutti. Sono bene comune la salute, ma anche l’istruzione e la libertà di pensiero, la democrazia, lo sviluppo sociale; sono beni comuni l’acqua e, dunque, il suo essere pubblica e sana, il suolo e il suo equilibrio idrogeologico, l’aria e la sua salubrità, il cibo e la sua genuinità senza chimica aggiunta. L’ex Macrico è bene comune. La pace è tu e queste cose insieme.
Quindi non è una dimensione politica, ma spirituale.
Direi azione pastorale. Vogliamo fare dell’ex Macrico un luogo della comunità dove essa trovi occasioni per incontrare l’altro, sperimentare la fraternità, favorire l’incontro con Dio in clima di benessere e di uguaglianza; un luogo di relazione, dove si rompa il muro dell’isolamento che caratterizza tanti rapporti attuali. Il sito, infatti, offre grandi opportunità di dialogo intergenerazionale basato su percorsi culturali come l’Università e il Conservatorio, percorsi di benessere come lo sport e lo stare all’aria aperta, percorsi sociali come gli orti urbani. Non è utopia. Rispettando volumetrie e spazio verde è possibile offrire ai cittadini e alle famiglie servizi che non trovano altrove o, se li trovano, non sono alla portata delle loro possibilità economiche. Penso alla musica, alla formazione professionale, all’accoglienza degli anziani soli, spazi ove passeggiare e leggere in tranquillità, riunirsi come nelle antiche agorà. Insomma, un luogo da vivere, un campo di vita.
Ultima, ma non ultima. Macrico campo di incontro
Incontrarsi crea opportunità. L’ex Macrico può diventare una formidabile occasione per uno sviluppo sostenibile, capace di coniugare cura per il creato e opportunità di lavoro per tanti giovani costretti ad abbandonare la nostra città in cerca di occupazione. Il prendersi cura del Creato è un esercizio formidabile di etica sociale, illuminata dalla carità.
Il Macrico diventerà anche esperienza di crescita, opportunità di lavoro, palestra di formazione?
Le opportunità lavorative offerte dall’ex Macrico viaggiano sui binari della rigenerazione e dell’innovazione. Rigenerare non significa ristrutturare. Sono due cose diverse. Ristrutturare è semplicemente un’azione tecnica. Rigenerare significa dare una nuova vita, un nuovo senso all’edificio, al parco, ad un luogo che ritorna ad entrare in relazione con l’uomo dopo che era stato abbandonato. Quando si parla di innovazione ci si riferisce a tante di quelle proposte fa e sulla destinazione d’uso del bene. Ad esempio: al verde che rigenera la città, all’uomo che si prende cura del luogo (orti sociali), all’università che promuove cultura, a scuole che educano e formano al lavoro, alla musica, allo sport, all’assistenza per i deboli e gli scartati. Dovrà essere un progetto che genera energia (comunità energetica). Rigenerare non è costruire. Rigenerare è anche rinunciare a una parte dell’edificato piantando nuovi alberi. Non è utopia, ma messa in campo di un dialogo interdisciplinare forte tra tutte le scienze implicate nell’operazione di rigenerazione urbana. Non è utopia sognare.
Per realizzare questo sogno la Chiesa di Caserta si appresta a costituire una Fondazione. Cos’è e quale sarà il suo ruolo?
Si tra a di una Fondazione di partecipazione che avrà come scopo prioritario la promozione di servizi sostenibili, sociali, culturali, educativi, formativi, ricreativi, sportivi, assistenziali, idonei a migliorare la qualità della vita delle famiglie, coniugando così beneficio collettivo e ripartenza economica, rispetto dell’ambiente e sviluppo sociale.
Le prime aperture hanno spalancato fi nestre sulla speranza e sull’attesa. Ci sono tempi possibili per la rinascita dell’ex Macrico?
Le prime aperture che ci sono state saranno seguite da tante altre. Sempre di più. Nel 2025 celebreremo l’anno santo, lavoreremo affinché questa data ci veda pronti ad accogliere, capaci di abitare e godere di una terra, per molti anni abbandonata, dove sarà possibile fare esperienza di comunità che cammina e cresce insieme, all’insegna della pace.
Aprire i cancelli, far cadere muri, è una scelta rivoluzionaria. È la nuova Chiesa quella che stiamo vivendo.
La Chiesa di Caserta con questa scelta desidera uscire dal proprio recinto e andare verso le periferie esistenziali, porta la testimonianza di un nuovo cammino che è fatto di scelte più che di spazi da possedere. Diventa pratica di carità sociale di fronte ad una città intrappolata nelle tante emergenze, dall’ambiente al bisogno di lavoro, dalla pervasiva presenza dell’illegalità alla disaffezione verso il bene comune. Ë un’apertura non solo di spazi di speranza ma di spazi concreti di rinascita, di lavoro, di promozione dell’essere umano.
Don Antonello, nella sua visione c’è la “Città dei 15 minuti ”. Cos’è?
Questo parco urbano, posto di contraltare a quello storico e museale della reggia, bene incarna la visione della Città dei 15 minuti , un modello di città sostenibile proposto dall’urbanista franco-colombiano, dell’università parigina Sorbonne, Carlos Moreno. La ville du quart d’huere prevede la riorganizzazione degli spazi urbani in modo che il cittadino possa trovare entro 15 minuti a piedi da casa tutto quello di cui ha bisogno.
Dal sogno alla forma che diventa futuro. È così?
Sì, sta prendendo forma il sogno del vescovo Lagnese e lo dimostrano le iniziative già messe in campo e quelle future che saranno realizzate. Aprire i cancelli, accogliere le scuole, costruire il senso profondo dell’appartenenza e della con divisione. Possiamo con fiducia coltivare e trasformare questo sogno!
Articolo di Nadia Verdile su Il Poliedro dell’aprile 2022