
06 Ott Il Macrico rinasce tra cultura e natura. Al posto dei cannoni teatro e musica.
Macrico, l’hangar di guerra che diventa simbolo di cultura, dal teatro alla musica ai convegni, un piccolo miracolo accade in città, sotto gli occhi di tutti. Quello che un tempo sarebbe stato inimmaginabile oggi comincia a prende- re corpo. «Vedere – dice Elpidio Pota, segretario generale della Fondazione Casa Fratelli Tutti – l’hangar del Macrico domenica scorsa allestito come auditorium musicale ed oggi come sala convegno mi fa pensare quanto sia vero che la rigenerazione dei luoghi scartati passa attraverso gesti pre-progettuali, mediante l’immaginazione delle persone le quali sognano che quel luogo diventi qualcosa di bello».
Un lavoro costante e durissimo per raggiungere un obiettivo così ambizioso. In quello spazio dove i carrarmati venivano aggiustati, là dove i mezzi dell’esercito testimoniavano l’abominio della guerra, oggi si costruiscono azioni di pace, di condivisione culturale, di gioia, di rigenerazione.

«Il primo passo è stato fatto, il potenziale è enorme e sicuramente per la città è un’occasione grandissima per riequilibrare il rap- porto con il verde». A dirlo è Fabrizio Fusco, architetto, che però ne parla da cittadino casertano. «Un meraviglioso polmone verde continua Fusco che va fruito. La sensazione di enormità dell’hangar, che ho visto per la prima volta proprio la scorsa domenica, mette davanti e dentro ad uno spazio unico, collocato in uno scenario che si presta a mille cose. Per me è stata la scoperta di un potenziale molto forte. Conoscevo il Macrico dal punto di vista documentale, perché ero stato contattato ai tempi dell’amministrazione Petteruti per occuparmi della stima del valore del luogo quando la Presidenza del Consiglio aveva in animo di realizzarvi il Parco dell’Unità d’Italia. Non ero mai entrato però all’interno.
Attraversarlo, trovarmi davanti all’hangar, è stata una scoperta che ha il sapore di buono e in città non è ricorrente. Un bel pezzo di archeologia industriale con un grosso potenziale». Ieri pomeriggio c’erano tantissime persone ad ascoltare Domenico Airoma, procuratore della re- pubblica di Avellino, per anni impegnato in inchieste sulla Terra dei Fuochi, e la professoressa Giuliana Martirani, docente universitaria, esperta di politiche ambientali, nel dialogo “Creato: fraternità e giustizia”. Domenica l’hangar ha ospitato una mostra fotografica, un ciclo di esecuzioni di un quartetto d’archi, le performance teatrali di Fabbrica Wojtyla e la loro istallazione, donata alla Fondazione, chiamata “Across the War! – Cultural Barricade”, la “Barricata Culturale”, ispirata alle reali barricate simbolo della resistenza in Ucraina, costruita con due cavalli di Frisia in legno pieno, filo spinato e un muro di contenimento composto da duecento sacchetti bianchi pieni di sabbia.
«Vedere così attrezzato l’hangar – dice Antonio Vecchione, ingegnere – è uno spettacolo con tanti punti esclamativi. Me lo immagino come l’auditorium della cittadella universitaria, con una vetrata uni- ca per fruire del verde che c’è tutto intorno, un polmone immenso, pubblico, aggregante, democratico. Nella mia visione è un tutt’uno con Villa Rosa, con il palazzo dei vescovi. Sì, vedo la forza dell’architettura! L’hangar e la sua me- moria storica, il verde e la natura che si riappropriano dei luoghi, l’università che costituisce la formazione e la cultura. Qui vedo transitare la nostra economia di domani!
Sì, veramente è uno spettacolo». Così, il sogno del vescovo Pietro Lagnese, di don Antonello Gian- notti, della chiesa casertana, di- venta ogni giorno che passa sempre più realtà, i cancelli sempre più permeabili, i muri sempre me- no divisivi, il verde sempre più fruibile e la cultura, nelle sue mil- le accezioni, sempre più di casa nel Macrico liberato .
Articolo di Nadia Verdile sul Mattino Caserta 5 ottobre 2022